LUOGHI DELLA MEMORIA


LA CHIESA DELLA MADONNA DELLA FONTANA

Il 1629-1630 fu un anno di lutto e dolore per la città di Casalmaggiore. La peste aveva colpito la cittadinanza e mieteva vittime ogni giorno. Le misure sanitarie, adottate dai Decurioni, di isolare i colpiti dal male, evitare gli assemblamenti per non diffondere il contagio, bruciare le. vesti e le suppellettili degli appestati, celebrare la S. Messa sulle piazze per evitare contatti con i possibili colpiti, avevano ridotto la moria, ma non l'avevano debellata. Un terzo solo della popolazione morì, mentre nel contado la mortalità fu assai più elevata. Fonte
Lo storico contemporaneo Ettore Lodi attribuisce questo alle acque salutari della Fontana e aggiunge: «Ma di ciò non contenta la Beata Vergine, grazie a grazie accumulando, fece di nuovo scoprire la miracolosa sua Immagine. Sotto confessione nella Chiesa della Fontana, risanò molte persone con quell'acqua salutare. Per la cui fama s'accrebbero la devozione e il concorso, così che riaperti i passi, vi confluivano da ogni parte, popoli interi, cantando processionalmente le di Lei laudi, facendo generose oblazioni e compiendo con la maggior edificazione, i loro voti. Né di così pia devozione si occupava soltanto il popolo minuto, ma con pari edificazione, vi accorrevano pure qualificati soggetti, conti e marchesi, e tutti con vasi, per seco loro, trasportare di quell'acqua miracolosa, cosicché ogni giorno miravasi, in gran copia, carri e somari di lontani paesi, mandati per levare di quell'acque benedette».
Ancora oggi sono numerosi i devoti, che, venendo a pregare la Madonna, si bagnano gli occhi e il viso e bevono l'acqua miracolosa che tante guarigioni ha operato.
A ricordo dello scampato pericolo della peste, gli antichi posero una lapide che ora si trova nel corridoio della Cancelleria:
ITEM FONS PESTILENTIAE MEDETUR
ANNO MDCXXX
SAEVIT ATROX ITERUM PESTIS SED FUNERIS AMPLI
EXTINXIT SUBITO VIRGINIS UNDA FACES
QUAMVIS FONS MODICUS MORTEM TAMEN OBRUIT ILLI
FECIT IN EXIGUO GURGITE NAUFRAGIUM
IOH. SIGISMUNDUS ARALDUS
GRATIA

 
 
IL PARMIGIANINO
L’11 gennaio 1503 nasce a Parma Francesco Mazzola detto, dal nome della città, Parmigianino. Figlio del pittore Filippo e orfano a due anni, Francesco viene affidato alle cure degli zii paterni, i pittori Michele e Pier Ilario Mazzola, che lo avviarono ben presto alla pratica della pittura. A soli diciassette anni Francesco riceve l’importante commissione di un ciclo d’affreschi nella stanza della nobildonna Paola Gonzaga, moglie di Gian Galeazzo Sanvitale (Rocca di Sanvitale, Fontanellato). Il giovane pittore porterà a termine gli affreschi dedicati alla vicenda mitologica di Diana, ispirandosi al medesimo ciclo dipinto dal Correggio, compiuto per la badessa del convento di San Paolo, Giovanna di Piacenza, a Parma. Parmigianino sembra qui voler percorrere la lezione del Correggio per riscrivere a suo modo i principi di quella pittura.  
Qualche anno dopo, nel 1522, l’artista lavorerà a fianco del Correggio nella decorazione del duomo di Parma, mantenendo una ostinata autonomia nei confronti del più anziano pittore, dal cui stile è comunque attratto.
Le truppe dei Lanzichenecchi che devastarono e saccheggiarono Roma nel 1527, lo trovarono intento a lavorare “Visione di San Gerolamo”, un omaggio a Michelangelo (Londra, National Gallery), e come dice il Vasari, ne rimasero stupefatti tanto da lasciarlo continuare nel suo lavoro. Solo la seconda orda di soldati, ben più aggressiva, lo costringerà a fuggire frettolosamente dalla città. Il sogno di una commissione papale sfumerà così completamente per lui. Dal 1527, Parmigianino risiede alcuni anni a Bologna dove lavora soprattutto per una committenza privata. Le opere di questo periodo sono meno affollate di personaggi e i volti sono più devoti. Nel 1535 dipingerà la Madonna dal collo lungo (Firenze, Uffizi), la sua opera più nota. Fu commissionata da Elena Tagliaferro per la propria cappella in Santa Maria dei Servi a Parma, qualche anno prima della morte di Parmigianino. Qui il collo lungo della Madonna diventa il punto focale della rappresentazione, esso è secondo la religiosità medioevale, il simbolo della verginità.  
Fuggito dal carcere in cui era stato rinchiuso per l’inadempienza contrattuale con il convento della Steccata, l’artista ripara a Casalmaggiore, dove, il 4 aprile 1540, a soli 37 anni, muore e la sua salma sarà deposta nella chiesa dei Servi detta La Fontana, presso Casalmaggiore. Prima di morire scriverà a Giulio Romano, a cui era stato commissionato di realizzare gli affreschi per l’abside della chiesa della Steccata, per dissuaderlo ad accettare l’incarico. Secondo Vasari egli aveva trascurato quel lavoro perché ossessionato dall’alchimia, in realtà il pittore era stato messo in condizioni pessime dai fabbricieri della chiesa e dai continui ritardi della fornitura del materiale. Tuttavia i suoi studi di alchimia sono determinanti per comprendere  la sua arte.  I suoi magnifici volti di donne e uomini indagati nel loro intimo con acutezza, celavano spesso  il mondo dell’alchimia.


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