LUOGHI DELLA MEMORIA

   

IL SANTUARIO DI CARUBERTO – SAN MARTINO AL LAGO

Questa chiesa santuario spicca nel verde della campagna, discosta dal nucleo abitato di Caruberto, nel territorio di San Martino del Lago. La sua struttura gotico padana, comune all'architettura casalasca della metà del Quattrocento di tanti edifici religiosi, troppo grande in rapporto alla pochezza degli abitanti del villaggio, ci testimonia della grande devozione della gente della zona. Il coro è coperto da volta, come nel piccolo locale ad uso di sacrestia, che presenta un volto a crociera, con costoloni. L'unica navata è invece a soffitto piatto, sostenuto da travetti che fungono da rinforzo ma anche da decorazione. La soffittatura è opera settecentesca, che copre la travatura a vista originaria. In quell'epoca venne chiuso il rosone della facciata, tagliato dalla nuova soffittatura, e venne aperta al suo posto una finestra per dare luce all' interno. La torre campanaria è una aggiunta del 1847, costruita su un portico adiacente all' edificio, ed è alta circa quindici metri. La facciata è a capanna, con una tipica decorazione di archetti pensili che corre lungo tutta la parte superiore.
La chiesa è intitolata a Santa Maria Nascente, e rivela a sorpresa nel suo interno numerosi affreschi, circa quaranta, quasi tutti di ispirazione mariana e di autori sconosciuti e differenti, commissionati probabilmente come ex voto. Alcuni studiosi li collocano verso la fine del Quattrocento; altri ne danno una datazione di molto anteriore. L'insieme porta alla memoria le pitture della Chiesa Vecchia di Scandolara Ravara, che sorge a poca distanza (2 chilometri).
Gli affreschi, che coprivano tutte le pareti della chiesa, fino al pavimento, furono coperti da una totale imbiancatura, quasi sicuramente a seguito di qualche pestilenza, come era costume. Furono riscoperte e riportate alla luce negli anni fra il 1920 e il 1930, con un lavoro di recupero condotto spesso in maniera inadeguata, di modo che molto si è salvato, ma molto si è deteriorato. Si aggiunga l'usura dovuta inoltre all'umidità dell'ambiente, che fortunatamente in anni recenti viene periodicamente arieggiato proprio per mantenere asciutte le pareti e le pitture.
Ai danni del tempo e del clima si devono sommare gli scellerati interventi effettuati nella prima metà del Novecento, quando furono create delle nicchie lungo le pareti per ospitare statue dli santi, nicchie che hanno distrutto ampie superfici di affreschi.
La raffigurazione della Madonna segue quasi interamente il medesimo schema: la Vergine seduta con il Bambino in grembo che carezza il volto della Madre o succhia il latte: iconografia quest'ultima che trova molte altre rappresentazioni nella zona casalasca, oltre che nel santuario mariano più importante, la Madonna della Fontana di Casalmaggiore. Da notare che in parecchie di queste figure mariane le mani della Madonna richiamano molto la caratteristica delle cosiddette mani a forchetta, di sapore bizantineggiante. Un affresco ritrae un pellegrino, un altro un santo. Di notevole interesse e di buona fattura un Cristo alla colonna, che ci narra del supplizio di Gesù. Molto importante è il pozzo che sorge nella casa a fianco del Santuario, in mattoni, elemento che si ripete in varie località sacre dell'area, legato al culto delle acque e delle fonti di origine pre-cristiana. (Santuario di Santa Maria alla Fontana, Casalmaggiore). Culto che sopravvive in epoca Longobarda associato a una divinità femminile protettrice delle acque, alle sorgenti e alla nascita, alla quale i Longobardi erano molto legati, a cui verrà più tardi associata la figura di Santa Lucia. Non a caso Caruberto, così come il territorio di San Martino ad Lacus sorge sulle direttrici delle due centuriazioni romane che interessano la zona, posta a poca distanza dalla importante via Postumia costruita in epoca repubblicana che collegava Genova con Aquileia, formidabile presidio romano contro i Celti Insubri. Il territorio cremonese fu infatti il primo presidio romano a nord del Po con a capo Cremona, città romana sorta nel 218 a.c. Nel territorio di San Martino al Lago è presente inoltre anche Villa Talamazzi, oggi poco più di una cascina, il cui nome rimanda alla presenza di rematori dal greco Talamos. Secondo l'eminente storico cremonese Ugo Gualazzini, l'etimo indica la presenza di strutture confinarie di età romano-barbarica, momento cruciale della storia di tutta l'area padana. Qui infatti doveva passare sia il confine tra Goti e Bizantini, durante le vicende della Guerra Gotica del V° secolo d.c. che quello relativo alla successiva invasione Longobarda. Cremona, ed altri presidi romano-bizantini sul Po, resistettero ai barbari per mezzo secolo sino al 603, quando il Re Agigulfo aiutato da truppe Turco-Avare, dopo due mesi di assedio, pose fine per sempre al più occidentale dei presidi bizantini, consegnando il territorio cremonese orientale al ducato longobardo di Brixia. Molto interessante nelle vicinanze è la cascina di San Faustino e Jovita, in territorio di Castelponzone, posta su un decumano romano. Qui una leggenda molto presente nelle fonti orali degli anziani della zona ricorda la fuga notturna dei due sacerdoti romani Faustino e Jovita (da seguace di Giove, quindi ex sacerdote pagano) martiri sotto l'imperatore Decio, durante le terribili persecuzioni cristiane del III° sec. d.c. Giunti nella località cremonese in fuga da Brescia durante la notte, avrebbero trovato le porte chiuse dagli spaventati abitanti. Proprio in questa zona vennero catturati dai soldati romani che li ricondussero a Brescia dove vennero martirizzati. San Faustino è l'attuale santo di Brescia e la porta così denominata è proprio quella che dava verso sud, in direzione di San Martino al Lago.


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