QUANDO IL DOVERE DIVENTA PIACERE

E’ sabato, quello che tocca a me. Raccolgo quattro cose, quelle che servono per dormire e per lavarsi, un cambio per i lavori di campagna e mi porto la mia Canon, per essere pronta casomai s’accendesse in me anche il più piccolo entusiasmo.
Il viaggio è sempre lo stesso: casa mia – casa della zia, 110 km lungo la Pianura Padana. E’ un percorso che conosco sin da piccola, ma ogni viaggio porta in sé una storia diversa, quella che accade dentro.
Sì, perché, anche se il paesaggio è lo stesso (salvo radicali cambiamenti urbanistici e della viabilità), vedere il suo mutare attraverso il finestrino mi procura sempre grande emozione, pensieri nuovi, a volte sogni.
Da casa mia fino a Castelleone la scenografia è quella degli spazi rubati: l’orizzonte è costantemente “rotto” da edifici di vario genere ed aspetto. Passato “il confine” lo spazio si apre, si colora, diventa sinuosamente lineare, procurandomi un senso di serenità. E’ in quel momento che il tempo si ferma e tutto il mio essere si astrae: volano i pensieri…è quasi una fuga.
Il viaggio non è solo un viaggio in auto, è un viaggio dentro e fuori di me, intorno a me: io sono il campo verde, il biancospino, la stradina di campagna che vorrei imboccare per scoprire le meraviglie a cui porta.
Poi arrivo e il film è finito. A volte ne comincia uno nuovo, o più di uno nello stesso giorno; altre, “niente spettacoli per oggi”.
Questo sabato di primavera ho trovato un giardino in fiore e non ho resistito al richiamo dell’orto di mia zia, ai suoi fiori, alla luce tersa del giorno. Ho fotografato il ciliegio in fiore, i tulipani, gli iris, la siepe ancora lacrimante rugiada, le rose rosse e bianche…ogni cosa era verbo, verbo di vita e nutrimento per la mia anima.

Anche il passaggio a livello sbarrato mi è stato amico: mi ha detto “fermati, adesso passa il passato, ritorna una favola!”… ho preso la mia Canon e immortalato la vecchia littorina che da Piadena porta a Parma. C’è da sempre: due carrozze, passo lento…un’icona.